Caro Ezio, sono passati trent’anni abbondanti da quando t’ho conosciuto. Io, allora, dirigevo un settimanale alquanto scollacciato di grande diffusione e tu – già attore, perlopiù di fotoromanzi, in caccia di nuove avventure professionali – venisti nel mio ufficio per propormi di affidare la rubrica dell’oroscopo a un personaggino assai accattivante che ti eri inventato: tal Tolomeo. Devo dire che, ad avvincermi e a farmi dire di sì, non fu tanto Tolomeo, quanto semmai l’immediata simpatia che suscitasti in me. Eh sì, perché appartenevi – e non dubito che continui ad appartenervi – a quella categoria di persone “senza filtri”, con le quali non c’è bisogno di avventurarsi in preamboli per arrivare al sodo.
– la tua franca apertura, la tua schiettezza tanto spavalda da poter forse sembrare rude a chi predilige le forme sfumate – mi colpì perché, nel tuo caso, era accoppiata a un evidente strabismo; connotato che il più delle volte rischia di sconfinare nell’ambiguità, in quanto può mettere un po’ a disagio vedersi fissare con un occhio mentre l’altro viaggia per i fatti suoi…
Ebbene, era talmente franca la “presa diretta” di quel tuo unico occhio celeste che mi fissava mentre mi presentavi il tuo Tolomeo, che non mi suggeriva alcuna suggestione d’ambiguità il fatto che quell’altro – puntato al disopra della mia testa – fosse preso magari da tutt’altri pensieri.
Rivedendoti ora, a distanza di tanti anni, nelle fotografie che t’illustrano in versione skipper nel tuo splendido sito web, sono stato colpito sì dalla fascinosa canizie che t’incornicia testa e viso, facendoti sembrare un novello Ulisse, ma forse più ancora dal tuo sguardo: ma come – mi sono detto – Ezio non è più strabico? I suoi occhi hanno finalmente trovato il modo di “viaggiare” d’accordo, guardando tutt’e due nella stessa direzione?
Può darsi che si tratti soltanto di un’illusione ottica, provocata dall’effetto fotografico, ma mi piace pensare (ricordando quel tuo occhio assorto in chissà quali remoti pensieri mentre l’altro fissava con concentrazione me), che esso “viaggiasse” già allora alla ricerca di un futuro – e di una pienezza e verità di vita – che solo ora hai trovato navigando i mari delle tue isole San Blas.Mi va di pensare che quell’… “isola che non c’è” che dici di aver trovato a San Blas la stessi cercando già allora, e che quell’occhio “fuggitivo” fosse puntato su di essa come il fiuto di un segugio che “sente” la preda ma non sa ancora dov’è.
Mi piacerebbe venirti a trovare nel tuo Eden ai Caraibi, sia per rendere onore a un’amicizia lontana ma che in me è rimasta viva e sincera, sia per sbatterti in faccia i miei occhi (non strabici) e verificare de visu che ciascuno di essi è ora “in asse” coi tuoi. Ma sia come sia, sono felice di immaginarti audacemente sereno, come Ulisse dopo essersi liberato da quei porci dei Proci e aver fatto di Itaca (l’isola che c’è, per chi sa trovarla) la tua casa senza muri e recinti. Che Eolo, con l’avallo di Nettuno, siano sempre con te.
Paolo Moresco